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La situazione sociale italiana e i moti del 1898

Nel loro viaggio di nozze a Milano Maddalena e Stefano si imbattono nei moti rivoluzionari del maggio 1898, repressi con la forza dal generale Bava Beccaris. Questo evento rappresenta una delle pagine più buie dell'Italia post unitaria. Ecco come si giunse a quella situzione e come la situazione degenerò fino a causare morti e feriti.

« All'inizio del 1898 la disoccupazione in Italia era molto grave, specie, nell'Emilia, nelle Romagne, nelle Marche, nella Toscana e nella Campania. Disoccupazione che era causa di fermenti minacciosi tra le popolazioni.
Altre cause dell'irrequietudine che serpeggiava nella penisola un po' ovunque erano i bassi salari, la crisi degli zolfi e la comparsa della fillossera in Sicilia ed infine su tutta la penisola le più grosse proteste erano per il rincaro del pane, dovuto agli scarsi raccolti degli anni precedenti, ma innanzitutto alle diminuite importazioni per la guerra tra la Spagna e gli Stati Uniti.
Il Governo, il 23 gennaio, ridusse da L. 7.50 a L. 5 il diritto doganale d'entrata sui grani e contemporaneamente richiamò sotto le armi la classe del 1874, 40.000 uomini; ma il primo provvedimento era tardivo e insufficiente, il secondo toglieva valore all'altro e irritava le popolazioni, le quali vedevano il proposito del Governo di iniziare le repressioni avvalendosi dell'esercito. Le agitazioni continuarono, e in febbraio assunsero aspetto di gravità in Sicilia, dove si ebbero sanguinosi conflitti con la truppa. E intanto soffiavano nel fuoco i socialisti, i repubblicani, i libertari, i radicali e perfino i cattolici, tutti convinti che era giunto il momento per far crollare il presente stato politico-sociale della nazione.
Il pane nella primavera del '98, era salito quasi del doppio, da 35 a 60 centesimi al chilo; le altre imposte colpivano i prodotti più popolari, il vino, il sale, il macinato, il petrolio per l'illuminazione, gravando così soprattutto sui miseri e sui contadini. Poi c'erano gli scontenti meridionali, molti dei quali erano stati privati del voto.
Perfino la Chiesa ebbe la sua parte attiva nella spinta alla lotta di massa, con il partito cattolico che organizza i tumulti delle campagne (dov'è molto presente), dando man forte ai contadini indeboliti dalla fame ad insorgere e ad organizzare i primi scioperi (...)

(...) I tumulti contro il caropane, assumono un chiaro carattere di protesta politica, soprattutto quando in quelli scoppiati a Pavia, dopo le cariche della polizia, rimase ucciso lo studente Muzio Mussi, figlio di uno dei più noti deputati radicali, Giuseppe Mussi vicepresidente della Camera.

Altri tumulti il giorno successivo. A Firenze, scioperarono i muratori, i quali, nonostante il divieto del prefetto Sani, organizzarono un corteo che attraversò con alla testa il deputato socialista Pescetti le vie della città (...)

(...) A questo punto con l'Italia tutta in fermento, i tumulti di Milano che in alcuni casi erano sorti e avevano un carattere di spontaneità, chiamata da Colajanni "protesta dello stomaco", cioè disorganizzata, assunsero l'aspetto di vera e propria insurrezione nazionale con un chiaro significato politico e antigovernativo.

Il 5 maggio l'on. Turati pubblicò dei manifestini ai lavoratori, dove, fra l'altro, era detto:
"Stringetevi compatti attorno alla bandiera socialista, sulla quale è scritto: "rivendicazione dei diritti popolari, restaurazione della libertà e della giustizia, abolizione di tutti i privilegi, guerra al militarismo, suffragio universale".
Nel pomeriggio del giorno dopo, essendo stati arrestati tre operai che distribuivano i manifestini, una colonna di dimostranti, al canto dell'inno dei lavoratori, si avviò verso la Questura, rompendone i vetri a sassate. La reazione degli agenti di pubblica sicurezza e della truppa fu pronta ed energica: si sparò sui tumultuanti e si ebbero le prime vittime, due dimostranti e un poliziotto muoiono prima di sera; questo esasperò maggiormente i dimostranti che iniziarono a bloccare le strade e a fare i primi picchettaggi.

L'indomani fu proclamato lo sciopero generale; e iniziarono dei gravissimi disordini. Furono devastate le vetture tranviarie, saccheggiati negozi e palazzi, qua e là innalzate barricate. Scioperano anche le donne, le sigaraie di via Moscova, unendosi agli operai della Pirelli.
Il cardinale arcivescovo, forse per la paura, fuggì da Milano.

La sera del 7 maggio, il generale Bava Beccaris (ex ministro della guerra), comandante il Corpo d'Armata, proclamò lo stato d'assedio; ma i tumulti continuarono, le barricate aumentarono di numero e la forza pubblica dovette prenderle d'assalto una dopo l'altra facendo uso persino del cannone, ad alzo zero, cioè sulla folla.
In Piazza Duomo, in sella al suo cavallo, Beccaris detta febbrili ordini, sparare a vista, anche alla cieca su assembramenti di più di tre persone. Si sparge la voce che al convento dei frati di Monforte si sta svolgendo una riunione di 40 sovversivi; viene espugnato a cannonate, e i soldati entrati poi nelle macerie fumanti, arrestano una fila di mendicanti con i piatti della minestra dei frati in mano.

Un vero e proprio eccidio tra la popolazione.
Non si è mai saputo quanti morti ci furono: 80 i morti e 502 i feriti; secondo le cifre ufficiali, 300 i morti e più di 1000 feriti, secondo fonti delle opposizioni. Migliaia di persone furono arrestate, molti subito condannati dai "tribunali militari" a dure pene detentive, molti leader coinvolti o no, fuggirono all'estero. »


(tratto da http://cronologia.leonardo.it/storia/a1896c.htm)